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Le 5 fasi della crisi di coppia

07-30-2022 01:52

Dott. Gianpaolo Ragusa

Terapia di coppia, Terapia individuale, Crisi di coppia,

Le 5 fasi della crisi di coppia

L’immagine che ci si era costruiti del partner subisce un cambiamento radicale. Quello che ti trovi davanti non è più la persona che pensavi di conoscere.

 

 

 

 

 

 

Perché la crisi di coppia è equiparabile ad un lutto

Scoprire un tradimento, una ludopatia, il manifestarsi di una debolezza in una persona che fino al giorno prima era sicura di sé ed era il tuo riferimento affettivo, accorgersi che i valori su cui era fondata la coppia in realtà sono molto distanti, sono solo alcuni esempi d’innesco della crisi di coppia.

 

Ma cosa succede in tutti questi casi?

L’immagine che ci si era costruiti del partner subisce un cambiamento radicale. Quello che ti trovi davanti non è più la persona che pensavi di conoscere totalmente.

 

Senti che l’idea che avevi precedentemente comincia a sgretolarsi. Lo guardi e non lo riconosci più. 

In psicologia, ogni qualvolta si vive una perdita si parla di lutto.

 

Il lutto, quindi, non riguarda solo la perdita di una persona cara ma si verifica in varie situazioni. 

Nei passaggi evolutivi, ad esempio, quando il bambino diventa adolescente ci sono cambiamenti corporei, psicologici, relazionali che modificano profondamente il ragazzo o la ragazza al punto che del bambino di qualche anno prima rimane ben poco.

La crescita richiede una continua elaborazione del lutto di fasi precedenti della vita.

 

La crisi di coppia, come il lutto, può avere un origine traumatica, con un evento improvviso che sconvolge la quotidianità, oppure può essere il risultato di un lungo cambiamento, che può durare anche anni e porta una persona a vedere le cose in modo diverso e quindi a mettere in discussione l’equilibrio della coppia.

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Un esempio di cambiamento traumatico potrebbe essere la scoperta di un tradimento.

Questo evento, che irrompe improvvisamente nella vita di coppia, è un insieme di perdite (lutti) contemporanei: distrugge l’idea che si aveva del partner, della coppia  e delle proprie capacità di valutare le persone.

 

Un altro modo, molto diffuso, di arrivare alla crisi di coppia è quello di rimandare piccoli problemi, convinti che il tempo basterà a risolverli.

 

Lentamente, però, si arriverà a un momento di rottura in cui ci si rende conto che quei piccoli problemi erano tante punte di iceberg e ci si trova di fronte a questioni enormi e radicali che metteranno a dura prova la stabilità della coppia. 

 

In ogni caso, più l’implicazione affettiva è ampia e profonda e più tempo ed energia serviranno per affrontare questa transizione.

 

Il lutto per l’immagine precedente del partner e della coppia è superabile attraverso un percorso di elaborazione che la psichiatra Kubler Ross suddivide in cinque fasi:

  1. Negazione
  2. Rabbia
  3. Depressione
  4. Scendere a patti
  5. Accettazione

 

Perché per la crisi di coppia ha senso parlare di elaborazione del lutto?

 

Conoscere questi cinque stati mentali è molto importante perché ognuno di essi ha certamente una parte fisiologica, ma può avere anche una parte patologica che genera sofferenza e malessere individuale e di coppia.

 

Riuscire a riconoscerli, invece, può aiutare a gestire al meglio la relazione e il suo cambiamento per il bene di tutte le persone in gioco.

Fase 1: negazione

Solitamente, la prima difesa che viene messa in atto durante una crisi di coppia è la negazione.

Questa reazione si manifesta quando una persona non riesce ad accettare e ad ammettere a se stessa che un evento sia accaduto.

 

Tornando all’esempio classico del tradimento, può succedere che la persona tradita non riesca a tollerare questa situazione e che inizi a convincersi che questo fatto non sia mai accaduto.

 

Il tradimento, infatti, come altre possibili cause di una crisi di coppia, comporterebbe il crollo dell’idea di famiglia e di partner, che per molte persone è inaccettabile. 

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Per questo motivo, davanti al fatto, non si può far altro che negare che questo sia accaduto.

 

Dal tentativo consapevole di negare ciò che è successo si può arrivare, in alcuni casi, alla rimozione dell’evento, ovvero l’impossibilità di ricordarlo.

 

Tuttavia, anche se la persona nega l’esistenza di questo episodio traumatico, la vita di coppia e il suo comportamento nella stessa cambieranno inevitabilmente.

 

È necessario, quindi, riuscire ad accedere, almeno a livello razionale, a questo evento per riuscire a spiegare e a comprendere questi cambiamenti comportamentali e affettivi. Solo in seguito, infatti, sarà possibile lavorare sulle emozioni collegate e proseguire nell’elaborazione del lutto.

Fase 2: rabbia

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Questo tipo di risposta emotiva permette, in un momento di debolezza, di mantenere un certo potere e di sentirsi vivi e forti.

 

Il problema, però, sorge se quest’emozione diventa incontenibile o perdura per molto tempo perché può trasformarsi e assumere forme più subdole e pericolose come il risentimento e la vendetta

 

Inoltre, l’odio rappresenta comunque una forma di legame con l’altra persona che non permette, quindi, di tornare a vivere serenamente la propria vita.

Una fase acuta di rabbia è normale e fisiologica, l’importante è non fissarsi su questo punto e lasciare spazio ad altre emozioni e all’elaborazione di questa vicenda.

 

Se non si riesce a superare questa fase da soli è assolutamente necessario rivolgersi a una persona esterna capace di lavorare sulla rabbia e di trasformarla in energia più costruttiva.

Fase 3: depressione

La depressione è un’altra forma di reazione che si può avere quando c’è un forte cambiamento di equilibrio all’interno della coppia.

Un esempio potrebbe essere questo caso, realmente accaduto, di una donna con una vita matrimoniale relativamente comune.

 

In realtà, dietro questa apparenza di normalità, si nascondono apatia e noia poiché, probabilmente, sono venuti a mancare gli stimoli che forse c’erano all’inizio del rapporto.

 

Il marito, a un certo punto, si accorge di quante poche cose condividessero e della mancanza di voglia di stare insieme e decide di porre fine alla relazione.

 

La moglie reagisce con una tristezza profonda, piangendo e chiudendosi in se stessa.

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La depressione rappresenta quindi una reazione implosiva, e non esplosiva come la rabbia. Non è detto, comunque, che questa fase avvenga dopo le altre o che sia una risposta più matura. Queste prime tre fasi possono comparire in ordine diverso a seconda della situazione, o anche sovrapporsi una all’altra in certi casi.

 

È vero, però, che la depressione può maggiormente aiutare a capire cosa sia successo e a prendersi le proprie responsabilità. 

Anche in questo caso, uno stato depressivo di pochi giorni è fisiologico, purché lasci spazio a una fase successiva per continuare l’elaborazione del lutto. 

 

Il pericolo è che prenda contorni sempre più gravi e si inizino a manifestare per lungo tempo sintomi depressivi.

Alcuni di questi possono essere: poca fame o troppa fame, insonnia o ipersonnia, apatia, demotivazione e mancanza di voglia di lavorare o di uscire di casa. 

 

Ciò comporterebbe un crollo della parte emotiva e psichica e il rischio di sviluppare una depressione più seria e grave. Questo succede tendenzialmente quando una persona è già predisposta o ha già sofferto di depressione in presenza di forti stress. In questo caso è assolutamente necessario farsi aiutare a riprendere in mano la propria vita.

Fase 4: scendere a patti o compromesso

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A seguito delle prime reazioni ci può essere una fase in cui si cerca di scendere a patti con il partner per provare a salvare la relazione.

 

Come le precedenti, anche questa situazione si può prolungare per molto tempo e ci si può fissare senza arrivare a una vera elaborazione del lutto.

 

Sono diversi gli ambiti in cui i partner possono cercare di scendere a patti pur di non porre fine alla relazione, tentando di trattenere a tutti i costi l’altra persona. 

 

Spesso si dice che si è pronti ad un cambiamento radicale, che si è più disponibili all’ascolto e alla condivisione.

Generalmente, però, chi nella coppia ha preso la decisione di un cambiamento difficilmente accetta questo genere di compromessi perché non crede siano possibili.

 

Inoltre spesso ha già iniziato un percorso di elaborazione su cui non è disposta a tornare indietro.

Chi prova a scendere a patti è la persona che teme di perdere qualcosa e che non vuole rompere il legame di coppia.

 

Questo tipo di comportamento è quindi una vera e propria difesa perché la persona non avrebbe mai pensato di proporre questi compromessi, se non in una situazione di emergenza, nel tentativo di porre rimedio ai problemi di coppia.

 

Anche questa fase si può, in alcuni casi, sovrapporre o alternare alle altre, generando una situazione frustrante e difficile da sopportare.

Ad ogni modo, tentare di scendere a patti rappresenta uno stadio fisiologico della crisi di coppia ma è necessario tenere ben presente che se si vuole salvare la relazione bisogna ripensarla e ristrutturarla profondamente a partire da se stessi piuttosto che fare promesse di cambiamenti rapidi basati sulla paura della separazione.

Fase 5: accettazione

La quinta e ultima fase di elaborazione del lutto è l’accettazione.

 

Questo processo non è passivo e quindi non avviene in automatico, ma è necessario svolgere un ruolo attivo nel capire che le immagini ideali della famiglia e del partner si sono sgretolate e vanno ristrutturate.

 

Inoltre, questo cambiamento è lungo, doloroso e soprattutto richiede di metterci impegno.

 

Accettare la situazione significa capire cos’è successo e come si è arrivati a quel punto, prendersi le proprie responsabilità e trovare la migliore soluzione per tutti per evitare altra sofferenza.

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Così come il processo di unione della coppia richiede tempo per conoscersi e scoprire l’altra persona, così anche la separazione ha bisogno di alcuni passaggi che bisogna attraversare.

 

Spesso è proprio la fretta di superare la crisi che impedisce una corretta elaborazione e blocca la relazione alle fasi precedenti. Tuttavia, anche dopo il processo di accettazione può succedere che alcune persone ritornino, magari in modo più sfumato, a qualche fase precedente. 

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